Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato quella di primo grado, che aveva condannato un imputato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, la Corte di Cassazione (sentenza 19 maggio 2020, n. 15407) – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui illegittimo era stato il rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento di salute dell’imputato, gravemente malato, ma ciononostante ritenuto non assolutamente impedito a presenziare in udienza in seguito agli accertamenti medici disposti con visita fiscale – ha diversamente affermato il principio secondo cui l’impedimento a comparire dell’imputato previsto dall’art. 420-ter c.p.p. concerne non solo la capacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di parteciparvi attivamente e dignitosamente per l’esercizio del diritto costituzionale di difesa, ma tale impedimento non può derivare automaticamente dall’esistenza di una patologia più o meno invalidante, bensì deve necessariamente determinare un’impossibilità effettiva, assoluta, e perciò legittima, a partecipare all’udienza, riferibile ad una situazione non dominabile nè contenibile dall’imputato, oltre che a lui non ascrivibile, per consentire il necessario bilanciamento con il principio di ragionevole durata del processo.