Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta dal Tribunale nei confronti di un soggetto per il reato di diffamazione, per avere offeso un individuo, pubblicando commenti e giudizi lesivi della sua reputazione su Facebook, comunicando con video chat, con modalità accessibili ad un numero indeterminato di persone, la Corte di Cassazione (sentenza 31 marzo 2020, n. 10905) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui erroneamente i giudici di merito avevano ritenuto configurabile la diffamazione anziché il reato di ingiuria aggravata – ha diversamente ribadito che nel caso di specie ricorrevano gli estremi dell’ingiuria aggravata, atteso che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore.
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