Pronunciandosi sul ricorso proposto avverso la ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva respinto parzialmente la richiesta presentata da un avvocato, indagato per il reato di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.), il quale aveva subito una perquisizione ed un sequestro di documentazione presso il suo studio con l’accusa di aver falsificato la firma di un cliente in calce ad un’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la Corte di Cassazione (sentenza 7 ottobre 2020, n. 27988) – nell’accogliere la tesi difensiva, secondo cui era da considerarsi illegittimo dei documenti relativi alla pratica, dovendosi considerare corpo di reato solo la predetta istanza – ha infatti affermato che per corpo del reato, in relazione al reato di cui sopra deve intendersi esclusivamente l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato apparentemente sottoscritta dal cliente, laddove, diversamente, tutta la restante documentazione, attenendo al rapporto professionale instaurato con il difensore, deve senz’altro definirsi come riconducibile all’oggetto della difesa, così da rientrare nell’ambito di tutela dell’art. 103, comma 2, c.p.p.
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