Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il giudice di pace aveva dichiarato estinto il reato di lesioni personali ascritto all’imputato, ritenendo sussistere la causa estintiva prevista dall’art. 35, D. lgs. n. 274/2000, la Corte di Cassazione (sentenza 24 aprile 2020, n. 12926) – nel disattendere la tesi del P.M., che aveva proposto ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di pace avrebbe omesso di verificare i parametri ai quali tale norma subordina l’estinzione del reato, in assenza della prova della eliminazione delle conseguenze dannose derivate dal delitto e dell’esiguità del risarcimento – ha diversamente affermato che il problema della “qualità” della valutazione del Giudice di pace per quanto riguarda la sufficienza e l’esaustività della condotta riparatoria posta in essere dall’imputato, deve essere risolto attribuendo al giudice la possibilità di valorizzare la condotta processuale e l’impegno nel reperimento delle risorse necessarie alla riparazione, senza che, diversamente, possa ritenersi elemento ostativo la mancata formulazione di scuse o altra forma di contrizione, poiché, diversamente, si finirebbe per introdurre nel procedimento estintivo una dimensione etica e personalistica che, in quanto tale, non s’appartiene alla ratio dell’istituto.
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