Pronunciandosi su un caso “azero” in cui si discuteva della legittimità delle decisioni delle autorità di polizia e giudiziarie che, dopo aver arrestato e perquisito una coppia di coniugi, avevano proceduto al sequestro di documenti e dei conti correnti bancari degli stessi, perdipiù adoperando modalità operative altamente intrusive della privacy (ad esempio, non garantendo nemmeno un minimo di riservatezza alla donna che aveva chiesto di andare in bagno, nonostante la stessa fosse quasi svestita), la Corte EDU, ha ritenuto, all’unanimità (sentenza 16 luglio 2020, n. 68817/14), che vi fosse stata sia la violazione di numerose disposizioni convenzionali (l’art. 5, §§ 1 e 4 per la illegittima privazione della libertà personale di entrambi per un lungo periodo, mancando elementi di ragionevole sospetto che ne giustificassero l’arresto e la detenzione in stato di custodia cautelare, non avendo nemmeno potuto contestarne i presupposti per mancanza di un rimedio; l’art. 6 § 2, per la violazione del diritto alla presunzione di innocenza; l’art. 8, per l’intrusione nella privacy della sig.ra Yunusova durante l’uso del bagno e mentre stava spogliandosi; ancora, l’art. 8, per le perquisizioni e i sequestri cui erano stati sottoposti entrambi i ricorrenti; infine, l’art. 1 del protocollo n. 1, a causa del blocco dei conti bancari dei ricorrenti senza alcuna base giuridica). Il caso riguardava due cittadini azeri, Leyla Islam gizi Yunusova, una nota attivista e difensore dei diritti umani e suo marito, Arif Seyfulla oglu Yunusov, ambedue residenti in Olanda. Erano stati arrestati e detenuti in stato di custodia in Azerbaigian nel 2014, sostenendo che le misure prese contro di loro erano in realtà un’azione di rappresaglia per il loro attivismo e per la critica contro il governo. La Corte EDU, nell’accogliere le loro denunce ha riconosciuto l’assoluta illegittimità del comportamento posto in essere dalle autorità di polizia e dalle autorità giudiziarie azere che non avevano esitato a perquisire, sequestrare (ed anche umiliare, visto che la donna aveva subito una indubbia intrusione nella propria vita privata, in quanto la polizia aveva preteso di essere presente mentre la ricorrente era in bagno e semi-svestita) beni e denari sui conti correnti dei due coniugi, senza che vi fosse alcuna base legale per tali attività.