Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado al gestore di un’associazione culturale, cui era stato contestato il reato di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, la Corte di Cassazione (sentenza 28 novembre 2019, n. 48556) – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui un maggiore approfondimento degli elementi risultanti dal processo avrebbe evidenziato la mancanza dell’elemento soggettivo – ha invece affermato che la prova della consapevolezza soggettiva del reo, nel delitto di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 79, TU Stup.), non può essere tratta meccanicisticamente dalla consumazione collettiva di droga che avviene all’interno del locale gestito dal reo, ma presuppone la prova della sussistenza della volontà agevolatrice nell’uso della sostanza da parte degli avventori.
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